Parco nazionale dell' Appennino Tosco-Emiliano

Le montagne del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano conservano ambienti di elevato valore naturalistico e un paesaggio di grande fascino, che l’uomo – qui presente fin da epoca preistorica – ha contribuito a modellare con le sue attività quotidiane. Così la vista delle cime arrotondate, delle grandi foreste, delle praterie d’altura è arricchita dai segni lasciati dalle popolazioni nel corso dei secoli: dalle stele antropomorfe agli antichi sentieri dei pastori e dei carbonai, dalle tracce di epoca romana alle fortificazioni bizantine, dalle chiese e i palazzi che impreziosiscono i borghi medievali fino alle memorie del Risorgimento e della II Guerra Mondiale, allorché lungo questi versanti passava la Linea Gotica. Ed è proprio per questo mirabile equilibrio tra uomo e natura che si perpetua nel tempo che l ’Appennino Tosco Emiliano è entrato a pieno diritto nelle Rete delle riserve “Uomo e Biosfera” MaB UNESCO.

La presenza dell’uomo in questo territorio è episodica in epoca preistorica e si accentua a partire dalla tarda età del Bronzo, durante la quale ampi tratti di bosco vengono bruciati o abbattuti per far spazio alle attività pastorali. L’intensa frequentazione è attestata da numerosi ritrovamenti, tra cui le celebri ed enigmatiche Statue Stele della Lunigiana, stele antropomorfe scolpite nella pietra arenaria, rappresentanti figure umane maschili e femminili, la cui produzione copre un arco di tempo molto esteso, che va dal III millennio a.C. fino al VI secolo a.C.

Durante l’età del Ferro, come tramanda Strabone, si attesta la presenza di un popolo di pastori e agricoltori, conosciuti come Liguri. Si insediano in tutto il territorio in costruzioni castellari o in rifugi di altura a controllo di luoghi strategici, distinguendosi in Apuani (tra i fiumi Serchio e Magra, l’Appennino e il mare) e Friniati (la porzione emiliana dell’Appennino).

Per la resistenza dei popoli liguri a rinunciare alla propria autonomia, la conquista romana del territorio appenninico si realizza con interventi pesanti e radicali nel corso dei primi decenni del II secolo a.C.. A seguito della I e della II guerra punica i Liguri devono sottostare alle mire espansionistiche di Roma che, una volta sconfitte le tribù celtiche e costituita la provincia Gallia Cisalpina, con le due campagne militari del 187 a.C. e del 180 a.C. procede a una completa sottomissione di queste terre e alla deportazione dei Liguri Apuani nel Sannio. Durante il principato di Augusto, a seguito del nuovo ordinamento amministrativo, l’area è compresa tra la Regio VII Etruria e la Regio VIII Emilia.

Con la caduta dell’Impero Romano, tutta la zona è contesa dai Bizantini inizialmente e dai Longobardi in seguito. I primi si scontrano contro gli Ostrogoti e, allo scopo di proteggere la città di Luni, predispongono una linea difensiva di fortificazioni sui rilievi montani quali il Castrum Campas (nella Val di Taro), il Castrum Carfaniensis (forse Castelvecchio di Piazza al Serchio in Garfagnana), il Castrum Versiliae (forse il castello Aginolfi) e il Castrum Soreion (presso Sorano in Filattiera). A seguito della sconfitta dei Bizantini, alla metà del VII secolo d.C., i Longobardi si insediano in questi territori, organizzandoli secondo un ordinamento monarchico-aristocratico. Ci rimarranno per poco più di un secolo, per poi lasciare spazio dal dominio Franco.

La frammentazione del potere successiva al tramonto dell’Impero Carolingio porta ad una spartizione dei luoghi tra i numerosi signori e casate nobiliari. In questo periodo spicca l’azione di Matilde di Canossa, che allarga il suo feudo dalla Lombardia fino ai confini dello Stato Pontificio, assorbendo completamente gli attuali territori del Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano. I segni della sua presenza sono numerosi: pievi, chiese, torri, fortificazioni come quella di Villa Minozzo (RE).

Anche la famiglia dei Malaspina si insedia in queste terre: ampie porzioni della Lunigiana e della Garfagnana rientrano all’interno dei loro feudi, che si estendono dalla Liguria alla Lombardia. La memoria del loro dominio è oggi racchiusa soprattutto nelle fortificazioni che furono utilizzate per la difesa del territorio: il Castello di San Giorgio a Filattiera (MS), il castello della Verrucola a Fivizzano (MS), il Castello di Terrarossa e quello della Bastìa – entrambi nel comune di Licciana Nardi (MS) – eretti per controllare rispettivamente il passaggio sulla via Francigena e l’accesso al valico del Lagastrello. Sul versante emiliano signoreggiano per secoli gli Estensi, che nel ‘700 aggiungono ai loro domini anche il Ducato di Massa Carrara. Gli Estensi costruiscono nuove dimore e ne abbelliscono altre già esistenti ma soprattutto sono ricchi mecenati alla cui corte circolano artisti e letterati. Tra questi Ludovico Ariosto, che per un certo periodo rivestì la carica di Governatore della Garfagnana, occupandosi anche di gestire l’Abetina Reale, un bosco secolare di faggio e abete bianco tuttora visitabile nel comune di Villa Minozzo. Il potere degli Estensi cessò alla fine del ‘700, con l’arrivo di Napoleone nel Ducato di Modena e Reggio.

Durante la Seconda Guerra Mondiale le montagne del Parco furono teatro di numerosi importanti episodi della Resistenza. Ancora oggi è possibile osservare i segni delle fortificazioni presenti lungo la Linea Gotica e percorrere itinerari tematici sui sentieri lungo i quali si spostavano i Partigiani.

Nel corso delle diverse epoche, a partire da quella medievale, la forma di insediamento più diffusa è stata quella del borghi, che ancora adesso costellano in maniera caratteristica pendii e vallate. Tra quelli di maggiore interesse storicoarchitettonico vi sono: Apella (MS), Cà Avogni (RE), Camporaghena (MS), Cecciola (RE), Corfino (LU), Tavernelle (MS), Vallisnera (RE).


Luoghi di interesse culturale e turistico


EREMO DI BISMANTOVA (CASTELNOVO NE’ MONTI)

Vicino alla cittadina di Castelnovo ne’ Monti, nel cuore dell’Appennino Reggiano, si erge la Pietra di Bismantova, spettacolare rupe calcarea la cui origine risale all’età del Miocene (19 milioni di anni fa).

La Pietra – cantata da Dante nella Divina Commedia - si erge, isolata, col suo profilo inconfondibile e rappresenta da sempre l’elemento più identitario del paesaggio dell’Appennino Reggiano.

Ai piedi della rupe, a 947 s.l.m., sorge l’eremo di Bismantova, edificato all’inizio del XV secolo (le prime notizie risalgono al 1411).

Dal 1617 diventa meta di pellegrinaggi, per la natura mistica del luogo, e pochi anni dopo viene consacrato alla Beata Vergine.

All’interno si possono ancora apprezzare l’oratorio del ‘400, rimaneggiato in parte nel XVII secolo, con i suoi affreschi, opera dei maestri emiliani dell’epoca.


PIEVE DI SORANO (FILATTIERA)

La pieve di Santo Stefano di Sorano si trova nella piana di Filattiera, lungo l’antico percorso della Via Francigena. La struttura, che conserva ancora oggi l’impianto del XII secolo, sorge in un luogo strategico fin dalla preistoria, come testimonia il rinvenimento di sette statue stele trovate nell’area circostante (una è murata sul gradino del presbiterio nella navata di destra).

Dopo il periodo romano, in cui sembra insistere una mansio (fattoria) appartenuta probabilmente alla gens Suria, nel VII secolo l’area è sede del Kastron Sereon, presidio della linea difensiva bizantina.

Ancora in epoca longobarda si ha la menzione di Leodgar - vescovo o gastaldo longobardo, fautore della cristianizzazione in Lunigiana – secondo quanto emerge da un’iscrizione oggi conservata nella vicina chiesa di San Giorgio.

La pieve attuale, costruita tra l’XI e il XII secolo nell’ambito della riorganizzazione ecclesiastica della Diocesi di Luni, vive tre secoli di splendore, fino al suo abbandono e successiva conversione in cappella cimiteriale a partire dal XV secolo.

L’impianto si caratterizza all’esterno per una tecnica edilizia realizzata con pietre di fiume assemblate insieme, mentre l’interno presenta una pianta a tre navate di differente lunghezza, senza transetto. Si conserva inoltre il campanile che ricorda piuttosto una torre di guardia.


FORTEZZA DELLE VERRUCOLE (SAN ROMANO IN GARFAGNANA)

La Fortezza delle Verrucole (a San Romano in Garfagna) - situata sopra il piccolo abitato di Verrucole, nel cuore della Garfagnana - si erge su uno sperone roccioso a 600 metri s.l.m, a controllo dell’alta valle del Serchio.

Il complesso sorge nell’XI secolo per volere della famiglia Gherardinghi, con l’obiettivo di dominare l’area e arginare eventuali mire espansionistiche della famiglia Bacciano sul territorio di San Romano.

In questa fase il sito si distribuisce su due vette separate ma messe in comunicazione da una sella: su una sorgeva la rocca con funzioni militari mentre sull’altra insisteva una domus communis per le funzioni amministrative.

Verso la fine del XIII secolo la famiglia vede diminuire il proprio dominio in Garfagnana e la rocca, dopo un breve periodo in mano dei Guidiccioni, passa nelle mani di Spinetta Malaspina.

A partire dal XV secolo la fortezza è trasformata in avancorpo militare dalla famiglia degli Este di Ferrara.

In un primo momento la trasformano in una cittadella composta da un recinto poligonale - oggi noto come “orto del capitano” - con torre per la polveriera e due rocche, una quadrata e una circolare, amministrate rispettivamente da castellani. Successivamente, su progetto dell’architetto carpigiano Marc’Antonio Pasi, vengono apportate alcune modifiche quali l’innalzamento della torre circolare, la demolizione di quella quadrata e l’inserimento di baluardi.

Il complesso è abbandonato dalla fine del XVIII secolo fino al 1985, quando diventa proprietà del Comune di San Romano.


Maggiori info sul turismo sostenibile nel Parco nazionale dell' Appennino Tosco-Emiliano

www.parcoappennino.it.

tratto da LA CARTA DI ROMA E I PARCHI NAZIONALI.